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Immagine del redattoreLUCA D'AGOSTINI

Valenza legale dei messaggi sms e whatsapp

Aggiornamento: 17 mag 2022

Gli SMS e i messaggi WhatsApp possono valere come prova? Una risposta affermativa a questa domanda è stata data dalla Cassazione con la sentenza n. 49016 del 2017 e con la sentenza n. 1822/20 del 17 gennaio 2020.

Occorre tenere conto che il problema si può porre sia sotto un profilo civilistico sia sotto quello penale.

Nel primo caso i messaggi WhatsApp e gli SMS potrebbero dimostrare, ad esempio, l’esistenza effettiva di un contratto o di un debito non pagato.

Nel secondo caso, invece, possono evidenziarsi le prove di un crimine come lo spaccio di droga, un’evasione fiscale o la diffamazione.

Parlando di processo civile, la giurisprudenza, nonostante la sua proverbiale refrattarietà all’apertura verso nuove tecnologie, non ha proprio potuto ignorare che oggi tutte le conversazioni passano per WhatsApp. Ecco perché nel momento in cui ci sia il riscontro dell’avvenuta lettura, i messaggi WhatsApp e gli SMS hanno valore di prova.

Facciamo un esempio pratico. Molti giudici hanno ritenuto valido il licenziamento comunicato tramite un messaggio sul telefono o tramite e-mail semplice se il lavoratore lo ha impugnato: il fatto stesso di averlo impugnato è la prova evidente della presa di conoscenza del provvedimento. In questo caso la forma scritta, richiesta per la validità della cessazione del rapporto di lavoro, è decisamente rispettata (Trib. Milano, sent. del 24 ottobre 2017).

Anche nell’ambito dei rapporti tra ex coniugi le chat acquistano un valore probatorio. Basti pensare ai moltissimi tradimenti svelati proprio tramite WhatsApp.

Ovviamente la possibilità di utilizzare queste chat è vincolata alla loro trascrizione da parte di un perito di parte. (Trib. Catania, ord. del 27 giugno 2017).

Il diretto interessato non deve cancellare la cronologia dei messaggi in modo da metterla a disposizione del giudice.

Che dire quando i reati di cui la chat può fornire prove ricadono sotto il profilo del diritto penale?

Qualche anno fa, la Cassazione con la sentenza n. 49016/2017, ha ritenuto valida la prova penale delle chat di WhatsApp custodite nello smartphone: la condizione però è che il dispositivo venga consegnato agli inquirenti per effettuare tutte le verifiche del caso.

La trascrizione o la copia fotografica del materiale non ha alcun valore senza il dispositivo fisico che contiene l’originale.

Quindi per riassumere, le conversazioni WhatsApp e gli SMS hanno valore legale di prova in giudizio, ma solo a patto che venga consegnato il supporto fisico in cui sono contenuti.

E gli screenshot delle chat su WhatsApp? Prima di tutto dobbiamo fare una distinzione, all’apparenza scontata: lo screenshot fatto dagli inquirenti ha valore diverso rispetto a quello eseguito dalla parte in causa.

I primi sono pubblici ufficiali e hanno il potere di certificare e autenticare la corrispondenza della copia con originale, una facoltà che ovviamente il privato cittadino non ha.

Per questi motivi lo screenshot prodotto in giudizio dalla parte ha valore documentale solo se non contestato dalla controparte.

Bisogna tenere a mente che la contestazione non deve essere generica, la classica battuta da film “Mi oppongo, vostro onore”, ma deve avere una spiegazione chiara delle motivazioni.

Ad esempio, se manca una parte fondamentale del testo come il mittente o la data del messaggio.

Con la sentenza n. 88332, depositata in cancelleria dalla Terza Sezione Penale in data 2 marzo 2020, la Cassazione ha sancito il principio in base al quale lo screenshot di messaggi SMS, e quindi anche lo screenshot di una chat, equivale ad una fotografia, e dunque può essere acquisito come prova nell’ambito di un procedimento penale.

Ciò significa che può essere legittimamente utilizzato durante la fase istruttoria, ai fini del convincimento del giudice sulla sussistenza della fattispecie di reato.

Di conseguenza, il giudice stesso può fare riferimento a tale prova nella motivazione della sentenza, per giustificare la propria decisione.

Secondo la Corte, infatti, “non vi è alcuna illegittimità nella realizzazione di una fotografia dello schermo di un telefono cellulare, sul quale compaiano messaggi sms, allo scopo di acquisirne la documentazione, non essendo imposto dalla legge alcun adempimento specifico per il compimento di tale attività, che consiste, sostanzialmente, nella realizzazione di una fotografia”.

Si tratta certamente di una fotografia particolare, ma “che si caratterizza solamente per il suo oggetto, costituito, appunto, da uno schermo sul quale siano leggibili messaggi di testo”.

Ciò comporta che non vi sia “alcuna differenza tra una tale fotografia e quella di qualsiasi altro oggetto, con la conseguente legittimità della sua acquisizione”.

La Suprema Corte, pronunciandosi sul ricorso sottoposto al suo vaglio, lo ha pertanto dichiarato inammissibile, relativamente al motivo in base al quale il ricorrente lamentava sostanzialmente l’illegittimità dell’acquisizione probatoria, da cui sarebbe scaturita l’inutilizzabilità della stessa.

La prova in questione era appunto costituita dai messaggi SMS pervenuti sul telefono cellulare della madre della persona offesa e solo fotografati, con la conseguente incertezza - lamentava il ricorrente - in ordine alla loro provenienza, sia per la mancata disposizione di una perizia informatica volta ad accertarne il mittente, sia a causa della mancanza di qualsiasi elemento idoneo a collegare l’utenza telefonica dalla quale erano stati inviati al ricorrente medesimo.

Tale motivo del ricorso è però stato dichiarato dalla Cassazione manifestamente infondato, con conseguente inammissibilità della doglianza. Ciò in quanto gli screenshot costituiscono una prova legittima, al pari di qualsiasi altra fotografia, e possono perciò essere utilizzati nei procedimenti penali.

Vale la pena precisare che lo screenshot deve però provenire da un’apparecchiatura elettronica di cui abbiamo il possesso e deve riprendere qualcosa che noi abbiamo diritto di conoscere o a cui abbiamo diritto di accedere; oppure, in caso così non fosse, che i messaggi o le chat ripresi dallo screenshot stesso siano di persone che ci hanno autorizzati ad avvalercene. In caso contrario si commetterebbe il reato di accesso abusivo al sistema informatico, previsto dall’art. 615 ter c.p.

Se cancello la chat sono al sicuro? Domanda classica: cosa succede se la chat viene cancellata? La prova della chat può essere acquisita in molti altri modi come ad esempio chiamando a testimoniare una persona che ne abbia letto il contenuto prima della cancellazione. Senza contare i diversi sistemi di recupero che esistono oggi.

Che valore hanno le emoticon? Quante volte vi capita di rispondere a un messaggio con una semplice emoticon? Chiarissima per chi la riceve ma non altrettanto esplicativa in un processo.

A questo proposito possiamo segnalare una interessante sentenza del Tribunale di Parma che ha riconosciuto il ruolo, a volte fondamentale, delle emoticon nell’interpretazione della chat. (Tribunale di Parma, sentenza n. 237/2019).

Queste piccole faccine in molti casi potrebbero indicare meglio del testo stesso il significato del messaggio.

Ad esempio, una minaccia corredata da una faccina sorridente non può essere considerata seria, così come potrebbe smorzare la diffamazione o l’insulto.

La presenza delle emoticon può evidenziare un tono scherzoso del messaggio e quindi stemperarlo proprio perché in molti casi l’emoticon è in grado di caratterizzare meglio la frase e l’intenzione del suo autore.


Luca D’Agostini

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